Un tempo indossavo un amuleto
che mi proteggeva dal forcipe dell’umanità.
Tenevo a bada una falange di lupi
che come spettri del Getsemani mi accerchiava.
Spettri che ancor ora
ripetono i loro mantra come gusci di molluschi
Persuadendomi a uscire e unirmi alla tribù terrena
A denudare la distesa del mio dolore
come un seme di cotone al vento.
Ora ascolto e faccio attenzione ai segnali.
All’emergere di un recluso che occhieggia nell’ambivalenza
inscritto a raccontare ciò che è stato tenuto sottochiave.
È tutto ideato nella guaina del cavo
che ci connette alla Cultura.
Quel singolo nero trefolo che ci raffigura a Dio.
Il DNA che comanda la nostra immagine
e guida la nostra selezione naturale di un jeans.
Ci sono mormorii di canti che lampeggiano
nell’oscuro e sinistro tuono?
Vi è veramente un sole dietro questo muro di monotone nubi
che batte un miliardo di martelli di luce?
Ci sono piccoli denti piatti che piangono veleno.
Vi è un’inviolata clemenza
negli occhi dei carnefici mentre le loro mani s’affaticano a uccidere.
Ma non vi è spiegazione per
i santi guardoni che con i loro occhi soltanto s’affliggono.
Vi è soltanto un sentiero da seguire
quando si connette la mano e l’occhio
e si liberano gli spettri.
Questa poesia è un’ombra del mio cuore
e il mio cuore l’ombra della mia mente,
che è l’ombra dell’anima mia
l’ombra di Dio.
Dio, un’ombra di qualcosa d’ignoto, inimmaginabile
ammasso d’intelligenza dove le galassie
sono cellule nel corpo universale.
Sono connesse le ombre?
Può questo vasto e ignoto ammasso penetrare in questa poesia
e assemblare parole che s’accoppiano in un sacro congiungimento?
È la ragione del mio scrivere.
Benché non posso dire che questo congiungimento sia mai
stato trovato (almeno da me).
Sembra più che qualche empia mano
pallida dalle tenebre s’allunghi e dispensi il suo dolore.
Una qualche ombra minore o spettro
pone la mia mano a un solitario avamposto
per rivendicare una qualche mal posta luminanza.
Ad ascoltare i canti che vanno mormorando lo spettro si tende.
Coordina con occhi che scrutano.
Pela la scorza per toccare il morbido frutto.
Salda le ombre in una.
Ho sognato di trovare un biglietto di riscatto
scritto nella mano stessa di Dio.
Scritto così in piccolo che a stento potei
leggerne il messaggio, che diceva:
“Ho io la tua anima, e a meno che tu non consegni …
in piccole poesie anonime…
la somma dei tuoi dolori, mai più
viva la rivedrai”.
E così io scrivo mentre qualcosa di sconosciuto si spirala
intorno a me, irresistibile alla mia mano, e tuttavia invisibile.
Altri spettri dal Getsemani che onorano
il dolore come confessori professionisti perduti nella loro disperazione.
Io posso raggiungere girasoli di dimensioni di
raggi di luna, ma non posso raggiungere la somma dei miei dolori.
Mi eludono come ignee stelle che di notte cadono
fuori dalla mia finestra.
Nervosa dev’essere la mia anima.
Troppo alto è il riscatto da pagare
anche per un poeta che esplora il nero trefolo della Cultura.
Anni fa trovai un’impronta
… come angeli di neve* … lasciata nell’erba alta
da un qualche animale, forse un cervo oppure un orso.
Nel toccarla sentii la calda presenza della vita,
non la fredda radiazione dei cerchi nel grano.
Questa calda energia soltanto un momento permane
ma a toccarla dura eternamente.
È questa la mia paura:
che a toccarla
la somma dei miei dolori eternamente durerà,
e che se anche l’anima mia
viene resa illesa
io ricorderò la fredda radiazione
e non la calda presenza della vita
Ora io piango quando i bimbi cantano
e la loro calda presenza nel mio cuore infondo.
Ora sento Dio aggiornato dalla
fonte delle ombre.
Ora sento lo strappo di una briglia
spezzarmi come un cavallo brado diventato
di colpo sottomesso.
Non posso lottare contro gli spettri
o controllarli o ricacciarli.
Mi sospingono come un fiume di lava deve
scorrere nella fredda aria della notte
d’instancabile moto
Incessante nella sua ricerca del luogo perfetto per essere scultura
Anonimo elemento di un grigio paesaggio.
Se mai troverò la somma dei miei dolori
io spero che sia alla testa di ponte
dove posso vedere entrambe le vie
prima di attraversarlo.
Dove posso vedere le falsificazioni
come un friabile miraggio
e sbarazzarmi della mia briglia.
Dovrò essere indomito quando l’avrò davanti.
Dovrò guardar dentro
la sua luce innominabile e svelare
tutte le ombre tra loro unite come bamboline di carta
ritagliate da un multiverso di esperienza.
Lascerò che mi accerchino
e in unico coro echeggiante conferiscano
la loro epifania così da
pagare il riscatto e rivendicare l’anima mia.
Quando tutti i miei dolori si raduneranno in cerchio
in un anello ininterrotto, con lo sguardo li fisserò.
Un secondo anello dietro ad essi attende,
più grande ancor e ben più possente.
È l’anello della calda presenza della vita
quando i dolori son passati
sotto la fonte delle ombre
trasformandosi come la smorta crisalide
che genera angeli cangianti.
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Testo originale: Warm Presence – https://wingmakers.com/art/mixedmediagallery-ha/
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* Angeli di neve – vedi qui