Siate attenti con le parole – Uno studio personale (S)

Mark: La domanda che vedo implicita nella mail collegata alla religione è la confusione che tutti questi differenti sentieri spirituali producono sull’individuo quando egli cerca, e decidere qual è meglio per sé.

James: Sì, sì, capisco; ma i cercatori cercano ancora all’esterno di sé. Cercano ciò che percepiscono mancare al proprio interno, in parte in quanto la religione e la cultura dicono loro che non hanno questa capacità e che hanno bisogno di intermediari come preti e ministri, rabbini o insegnanti spirituali, per trovare la loro strada. I sentieri dello Spirito appaiono confusi soltanto quando si guarda dall’interno verso l’esterno e questo perché il materiale che si trova davanti al ricercatore tipico crea confusione. Un sentiero vi dice “tu sei un peccatore”, un altro dice “non è affatto vero”. Un sentiero vi dice “respira così e mettiti in questa posizione”, e un altro “prega in questo modo”. Un sentiero dice “la fine è vicina”, un altro “siamo nati nello Spirito di Dio, è il tempo di un nuovo inizio”. Quindi, come possono tutte queste cose essere vere nello stesso tempo? (…)

Mark: Quindi, cosa dovrebbe fare la gente quando è confusa? Intendo, cosa dovrebbe fare per chiarirsi?

James: Per cominciare, la cosa migliore per ricominciare è tentare di ‘semplificare’. Questo è un mondo letterale, dove le parole governano la mente. Lo Spirito che sta dietro le parole è la chiave, ed è più importante delle parole. Molti ricercatori vanno in confusione perché confrontano le parole scritte o dette dagli insegnanti spirituali o, peggio ancora, confrontano le interpretazioni delle parole degli insegnanti spirituali.

Il linguaggio è stato inventato per facilitare lo scambio e il baratto, il commercio, e poi la cultura. Il linguaggio del nostro mondo è un costrutto tri-dimensionale fuorviante e imperfetto. Pertanto, siate attenti con le parole.

Intervista a James, S2

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… i cercatori cercano ancora all’esterno di sé. Cercano ciò che percepiscono mancare al proprio interno, in parte in quanto la religione e la cultura dicono loro che non hanno questa capacità e che hanno bisogno di intermediari come preti e ministri, rabbini o insegnanti spirituali, per trovare la loro strada.

Siamo stati cresciuti in una società impostata su una conoscenza più teorica che pratica, su una trasmissione di sapere intellettuale più che di verifica personale. E, in questi ultimi anni in modo particolare, siamo entrati in un ansioso senso  di carenza di tempo che ci spinge alla bulimia delle informazioni e al tutto subito. Così, anche quando si comincia a sentire il desiderio per qualcosa definito “spirituale”, ci viene automatico trattare anche questa ricerca al solito modo: rivolgerci a qualcun altro che abbia già cercato o stia cercando, e credere che possa aver trovato anche per noi.

I sentieri dello Spirito appaiono confusi soltanto quando si guarda dall’interno verso l’esterno e questo perché il materiale che si trova davanti al ricercatore tipico crea confusione.”

È per questo che, a un certo punto, si vede solo confusione: miriadi di varianti e nessuna appagante. La prima fase della ricerca è, solitamente, un volgersi verso qualcosa che già esiste, perché ci conforta pensare che “già esiste per noi”, ed è lì… pronto per l’uso. Per qualcuno, il primo porto che incontrano è anche quello in cui gettano definitivamente le ancore. E qualsiasi porto offre stabilità, riparo, nutrimento e relazioni sociali. Altri, dopo aver esplorato il loro primo porto per qualche tempo, riprendono il viaggio per sbarcare su nuovi lidi. Questo anche più volte, perché nessuna terra è riconosciuta come propria. Così, dopo tanto “girare” e osservare nuovi panorami, insoddisfatti si ritrovano al punto di partenza.

Molti ricercatori vanno in confusione perché confrontano le parole scritte o dette dagli insegnanti spirituali o, peggio ancora, confrontano le interpretazioni delle parole degli insegnanti spirituali.

Nella Filosofia, Camera 2, è scritto: “I grandi leader spirituali della Terra hanno tutti, ognuno a suo modo, interpretato l’Universo di Totalità e il ruolo che l’umanità ha in esso. Così le loro interpretazioni, espresse con autorità e profondità di visione, divennero argomento di discussione fra i vari sottogruppi della gerarchia. Il discutere e l’indagare creano una polarizzazione della credenza.

Fa parte della natura umana razionale aspettarsi che per essere un insegnante o maestro spirituale qualcuno debba aver raggiunto la comprensione totale e definitiva della Realtà e sia in grado di trasmetterla. Secondo tale logica, alcuni si aspettano che tutti gli insegnanti alla fine dicano le stesse cose, o che il modo per arrivare alla meta sia comune per tutti, o che se un insegnante non parla di determinate cose vuol dire che non le conosce e non è spiritualmente elevato rispetto a un altro che ne parla. Tuttavia, nella nostra condizione umana, con i suoi limiti di fisicità, comprensione ed esperienza, possiamo accedere solo a verità parziali o relative, e la natura umana pur con minori condizionamenti – per quanto ci sia difficile ammetterlo – appartiene anche ai maestri spirituali. E la meta di un maestro spirituale può non essere quella di un altro.

“ … la cosa migliore per ricominciare è tentare di ‘semplificare’.

Alla fine, o all’inizio, bisogna tornare a “semplificare”. Ritengo che la prima semplificazione riguardi soprattutto se stessi, con il semplificare le proprie aspettative, le conoscenze e i propri traguardi. Ridurre la quantità significa optare per la qualità, e questa dovrebbe corrispondere alla nostra più elevata aspirazione. Semplificare significa “rendere semplice, chiaro, fruibile”, riportare all’essenziale. Così, semplificare significa anche definire cosa si va cercando, cosa si vuole trovare o raggiungere, riconoscere e accogliere ciò che ci sostiene nella ricerca, abbandonare ciò che ci frena.

Questo è un mondo letterale, dove le parole governano la mente. Lo Spirito che sta dietro le parole è la chiave, ed è più importante delle parole.

Contenitore e contenuto – Significato e significante[1]. Uno degli scogli, se non lo scoglio, nella ricerca spirituale che si avvale della comunicazione e non dell’esperienza personale, è il linguaggio. Da sempre e in ogni sentiero spirituale viene raccomandato di dar credito più alla sostanza che alla forma di un insegnamento, di non farsi irretire dal suono affascinante delle parole.

Il divario tra significante e significato può aumentare poi con il passare del tempo per il cambiamento dei vissuti all’interno di una stessa società, e anche per le traduzioni, i commentari degli specialisti o delle “autorità preposte”. Per esempio, noi non conosciamo le esatte parole di Gesù in aramaico, e le prime testimonianze sono in greco. Così, volendo considerare il brano: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” [Matteo 18, 3], nel testo greco la parola tradotta con “convertirete” (quindi, conversione) è “metanoia” che letteralmente significa “cambiare modo di pensare”, quindi atteggiamento e approccio alla vita. Poi, su cosa intendere per “diventare come bambini”, di solito ognuno si conforma alla propria idea di infanzia.

Ci sono poi termini specifici di culture, filosofie e religioni che restano intraducibili l’una verso l’altra; esperienze per le quali vengono utilizzati termini impropri o approssimativi che mettono a rischio ogni reale comprensione. Ogni scuola o corrente di pensiero può decidere di dare una sua definizione alle parole che utilizza, ma non per questo si deve credere che quel particolare significato debba valere in “assoluto”, cioè anche in altri contesti, culture, scuole di pensiero ed epoche diverse (vedi, p.e., il concetto di “Anima“).

Il significato dovrebbe essere dato dalla provenienza, ma spesso e volentieri viene attribuito dall’elaborazione mentale ed emotiva personale, costituita dalle proprie esperienze, conoscenze e ignoranze. Nella lettura del materiale spirituale, specialmente se lontano temporalmente o culturalmente da chi legge, bisogna saper riconoscere le valenze etimologiche dei termini, infatti – soprattutto in passato – l’uso delle parole era oculato, importante e determinante per il trasferimento di conoscenza. (E ritengo che questa particolare cura espressiva sia presente anche nel Materiale prodotto da James.) Banalizzare i termini, riportarli alla parlata quotidiana, estraniarli dal vissuto originario, porta a non capire o, peggio ancora, a capir male. Purtroppo, pensare di aver capito, non è aver capito.

Il linguaggio del nostro mondo è un costrutto tri-dimensionale fuorviante e imperfetto.  Pertanto, siate attenti con le parole.


[1] In linguistica con significante si indica il piano dell’espressione, correlato al significato, o piano del contenuto, all’interno di un segno. Il significante è la forma, che rinvia a un contenuto. L’unione di forma e contenuto, la relazione fra significante e significato, definisce il segno. (Wikipedia)

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